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l'entrata delle barricate davanti al palazzo del governo |
È mattina, esco con Olya e Paul senza nessun progetto e nessuna idea; siamo già un po’ depressi perché abbiamo cominciato a sbattere la testa sulle difficoltà: io e Paul non conosciamo la lingua, nessuno qui parla inglese e anche Olya - che è di madrelingua russa - è frustrata perchè appena qui la gente vede una fotocamera sembra che l'uomo bianco voglia rubare l’anima con quell'attrezzo.
Olya è nata e cresciuta a Odessa, credevo fosse cresciuta nel paese di monsier Hollande, era già stata a Kiev durante Euromaidan dove però non ha avuto tutte le difficoltà a fotografare che ha avuto qui.
L’altro invece è gallico al 100%, ha appena finito gli studi ed è venuto qui, vorrebbe trasferirsi a Mosca e fare il corrispondente, direi però che più che dalla cultura russa lui sia attratto dalla gnocca cirillica.
E io? Ho fatto per un po il paparazzo a Milano, non avevo trovato di meglio, ho mollato perché non me ne fotteva un cazzo, devi investire un mucchio di soldi ed è un ambiente di merda. Ora lavoricchio per un giornale locale, faccio qualche Ansa, ma il mio lavoro e le mie aspettative professionali sono proprio svilite.
Giriamo per un bel po' e finiamo anche a diversi km fuori dal centro città, a mezzanotte è pasqua, propongo di cercare una una chiesa dove possiamo fotografare la messa. mi fa strano che abbiano accettato la mia proposta, di solito la gente non mi caga di striscio. Arriviamo davanti l'ingresso di una fonderia costruita da possenti braccia bolsceviche vecchia ed efficiente quanto l’Ilva di Taranto, la nostra amica si dirige alla portineria e dopo un po' di tempo arriva un prete. Il barbuto, dopo aver parlato con Olya ci da dei foglietti di carta dove dobbiamo scrivere il nostro nome, sono i permessi per fotografare - «Spasibo bolshoj, do vstreche».
«Olya ma che ci fa un prete in quella fabbrica? Tiene messa dentro la fonderia?» - «No, dentro c’è la chiesa di S. Ignazio di Mariupol.»
Andiamo a fare un salto alle barricate. Da quel recinto di pneumatici e legno c'è un mucchio di gente che entra ed esce. Chiedo a un fotografo come fare per entrare, mi suggerisce di andare direttamente, mi controllano in borsa ed entro «hey, so easy?!».
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una babushka col nastro di san giorgio |
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il pit bull alcolizzato, dietro di lui il drappo dei Berkut |
Un vecchio cosacco in divisa ha una patch con la croce ortodossa e un teschio, mi spiega che rappresenta il teschio di Adamo che significa rinascita, altri due scatti, saluto e vado via.
Le mimose sono in fiore e il parco li accanto ne è pieno, un gruppo di belle devushke si stan facendo le foto in pose da wannabe model circondate dai fiori, vado a fare il cretino.
Le ragazze parlano inglese, hanno una buona istruzione, faccio domande di cazzo su quello che sta accadendo, fingono di non interessarsi della questione e di non avere paura, dico loro che vorrei intervistarle per capire cosa pensano le persona qua, la fotografa esclama lapidaria: «Hey, you’re Italian, we know what you want from us!». Fanculo: prima ero timido e non combinavo un cacchio, ora che sono più spigliato…
Non mi dà fastidio per il no al mio maldestro tentativo di rimorchio, quanto il fatto che quando ho chiesto come mandare loro le foto e sempre la fotografa: «Don’t worry, we’ll contact you».
Ok, sembro un po un malato di fica, ci sta, ma perchè prendermi per il culo così?? vado a riposare all'ostello và che stanotte non dormirò.
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